Verso est: una Guzzi Stelvio nel Caucaso

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Camini delle fate in Cappadocia

L’Anatolia, il Kurdistan, la Mesopotamia. Il Tigri e l’Eufrate. Gli Ottomani e il genocidio armeno. L’era sovietica, Islam e Cristianesimo. Vette epiche come l’Ararat e il Nemrut. Monasteri remoti, città caotiche e straripanti. Un intreccio di culture, credenze e genti, evolutosi in oltre tre millenni di storia a cavallo di due continenti.

testo e foto Marco Balzarini e Sabrina Sambo

Quando premendo lo start, diamo vita ai due grossi cilindri della Stelvio, sappiamo di avere di fronte oltre 10.000 km di strade, ma soprattutto un viaggio che ci porterà in luoghi evocativi e carichi di forti contrasti. Terre contese da popoli in conflitto tra loro, i cui asti mai sopiti vengono parzialmente nascosti da una calma apparente e da traballanti equilibri politici. Lasciamo Roma il venerdì sera: il tempo di uscire dall’ufficio e siamo già in sella! I km da fare nelle prime tappe di trasferimento sono tanti: Slovenia, Croazia, Serbia e Bulgaria. Entriamo in Turchia la domenica sera, pernottando ad Edirne. Siamo in pieno Ramadan e nelle ore notturne la città si carica di vita. I negozi sono aperti. Nei pressi della monumentale Selimiye Camii, moschea costruita dal famoso architetto Mimar Sinan, il viavai di fedeli è continuo, e i ristoranti non hanno problemi a servirci la cena oltre la mezzanotte. Il viaggiare durante la loro sacra ricorrenza non sarà un problema, al contrario, ci aiuterà a vivere al meglio cultura ed usanze. L’Islam in Turchia è predominante, praticato dal 97% della popolazione. Ciò nonostante non è religione di stato e il viaggiatore straniero, mantenendo i giusti atteggiamenti, non si sente mai a disagio. Visitiamo brevemente Edirne e partiamo per l’attraversamento dell’immensa Turchia. Aggiriamo Istanbul utilizzando l’autostrada: il traffico caotico ci accompagna per molti km, anche oltrepassato il ponte sul Bosforo che segna il nostro ingresso in Asia. Dopo altre due giornate di trasferimento, inclusa la visita alla città ottomana di Safranbolu, raggiungiamo Trabzon, primo porto turco sul Mar Nero. Immerso nel Parco Nazionale di Altındere, a sud della città, si trova il meraviglioso monastero di Sumela. Stiamo entrando nel cuore del nostro viaggio, la Georgia e le vette del Caucaso distano ormai pochi chilometri. Ad introdurci in questa remota regione troviamo una leggera ma costante pioggia. Il meteo genera qualche apprensione, visto che alcune strade dello Svaneti, la nostra prossima tappa, non sono asfaltate.

Sumela Monastery

Il passaggio di frontiera tra Turchia e Georgia è veloce: i primi chilometri percorsi in terra georgiana rimangono piuttosto simili a livello paesaggistico. Le maggiori differenze tra i due paesi sono, almeno per ora, ben altre. L’alfabeto innanzitutto; completamente differente, per non dire incomprensibile. Altrettanto evidente è il ritorno in una nazione cristiana: croci, chiese e monasteri si sostituiscono alle mezzelune e ai minareti della Turchia. Ci lasciamo alle spalle il caos di Batumi, continuando verso nord fino a raggiungere il paese di Mestia, la porta d’ingresso alla regione dello Svaneti. Ci sistemiamo facilmente, in una delle tante guesthouse che ospitano trekkers provenienti da tutto il mondo. Il mattino seguente ci accomodiamo su un 4×4 per raggiungere Ushguli. Le piogge di questi giorni, e la difficile strada da percorrere (50km di sterrato e guadi), ci fanno preferire la jeep alla due ruote per salire fino ai 2.200 metri e visitare sperduti paesini affrancati dal mondo e dalla civiltà. I paesaggi sono maestosi e i 5.200 metri del monte Shkhara, il terzo più alto del Caucaso, sono lo sfondo perfetto per le numerose torri di protezione costruite nel corso dei secoli. Passiamo un’intera giornata nella pace di queste vallate e rientriamo a Mestia solo per pernottare. L’indomani, sempre a causa del maltempo, modifichiamo i piani: piuttosto che arrivare a Kutaisi valicando il temibile Zagar Pass, decidiamo di tornare a Zugdidi per poi percorrere la ben più tranquilla statale. Nei dintorni di Kutaisi visitiamo la cattedrale di Bagrati, il monastero di Gelati, e per sera arriviamo a Gori, città natale di Iosif Vissarionovič Džugašvili, nome di battaglia: Stalin. Visitiamo il museo a lui dedicato e puntiamo verso Tbilisi, la capitale, facendo tappa all’antica città rupestre di Uplistsikhe e alla cattedrale Svetitskhoveli a Mtskheta.

Un gruppo di ragazzi nei pressi di Uplistsikhe

Nei pressi di Uplistsikhe scatto una foto a cui sono particolarmente legato: la moto circondata da un gran numero di ragazzini festosi, che hanno interrotto i loro giochi nel fiume per salutarci. È uno dei tantissimi episodi di questo genere che regolarmente capitano quando si visitano posti remoti, soprattutto in moto, e che personalmente mi riempiono il cuore. A Tbilisi alloggiamo in un albergo in periferia. I ristoranti della zona sono decisamente poco avvezzi al turista: finiamo per ordinare le portate alla cieca, ridendo con i camerieri mentre imitiamo vari animali per cercare di capire se stiamo scegliendo maiale o pollo. Il giorno successivo lo dedichiamo a una delle strade più belle del viaggio, la Strada Militare Georgiana. Si snoda in direzione nord, dalla capitale fino al confine con la Russia, toccando, dopo la località turistica invernale di Gudauri, i 2.379 sullo Jvari Pass. Superato il valico, circa 12 km di sterrato piuttosto semplice, e poco prima del confine con la Russia, si arriva al paese di Stepantsminda, dal quale si apre un panorama mozzafiato sul monte Kazbek. Prestando attenzione si riesce a scorgere, in lontananza, la sagoma del monastero di Tsminda Sameba, raggiungibile da Stepantsminda percorrendo 6 km lungo una mulattiera che si inerpica per la montagna. Consigliamo di percorrerla in moto solo se si ha una certa esperienza di guida alle spalle, e una moto adeguata ovviamente. In alternativa ci sono dei privati che effettuano una sorta di servizio taxi a bordo di infaticabili Lada 4×4. In ogni caso la posizione del monastero e lo scenario che si apre agli occhi una volta arrivati in cima, compensa ampiamente le fatiche sopportate! Lungo la strada del ritorno sostiamo alla fortezza di Ananuri. Pernottiamo a Tbilisi, alla cui visita dedichiamo l’intera giornata seguente. La città si rivela piuttosto interessante, con diversi musei, in particolare segnaliamo quelli sull’occupazione Sovietica e sul tesoro della Colchide, e un buon numero di chiese. Ovunque vi sono lavori in corso: l’impressione è che nel giro di poco tempo la città verrà completamente rinnovata.

The Church of Tsminda Sameba

È l’ora di proseguire verso sud: lasciamo Tbilisi percorrendo la statale che la collega alla capitale armena, Yerevan. Visitiamo alcuni monasteri lungo la strada, ci colpiscono in particolare quelli di Haghpat, per la bellezza, e di Sevan, per la posizione: è posto a ridosso del lago omonimo, su un altipiano che si estende a oltre 2.000 metri di altitudine. A differenza delle chiese e dei monasteri georgiani, quelli armeni risultano decisamente più spogli. L’atmosfera che vi si respira sembra prendere per mano il visitatore, per condurlo verso il misticismo e la meditazione. Unica eccezione a confermare la regola è la cattedrale di Echmiadzin, l’equivalente armeno del nostro Vaticano, con interni più ricchi e decorati. Nella capitale un momento toccante è la visita al memoriale del genocidio armeno: ennesima aberrazione dell’essere umano, ennesimo sterminio deliberato di un popolo. E riaffiorano i ricordi delle visite a Dachau e Auschwitz. Un urlo sale dentro di me: “Mai più!”. Visitata la capitale e i suoi dintorni, imperdibile il monastero di Geghard, parzialmente scavato nella roccia, e ottenuti i lasciapassare per il Nagorno-Karabakh, proseguiamo verso sud lungo la statale che attraversa la regione dell’Ararat. Alla nostra destra ci fa compagnia la maestosità del monte omonimo, sul quale la leggenda vuole si sia arenata l’arca di Noè. Ironia della sorte: l’Ararat, sacro agli Armeni, sorge in territorio turco. Al cospetto del monastero di Khor Virap, a pochi metri dal confine, il paesaggio cambia aspetto, facendosi arido e roccioso. Attraversiamo alcune gole scavate nella roccia per poi salire fino ai 2.300 metri del passo Vorotan. Le condizioni precarie della strada, unite al sole a picco, sciolgono le termo cuciture della sacca che abbiamo sopra al baule, allentano gli specchietti e ci costringono a un paio di soste per stringere i bulloni e nastrare i tagli. Raggiungiamo la frontiera col Nagorno-Karabakh, composta da una piccola baracca dove vengono rapidamente controllati i documenti. A Step’anakert, la capitale di questa nazione dimenticata dal mondo, dormiamo solo una notte, complici le inquietanti scosse di assestamento di un terremoto piuttosto forte, verificatosi circa 200 km più a sud, in Iran. La città non offre molto da visitare, salvo un paio di musei sulla sua storia.

Georgian Military Road

Siamo oltre la metà del viaggio: torniamo verso Yerevan, ripercorrendo le stesse strade dell’andata e facendo tappa ai monasteri di Tatev e Noravank. L’obiettivo è adesso quello di rientrare in Turchia ma, a causa delle frontiere chiuse con l’Armenia, siamo costretti a transitare dalla Georgia. Passiamo la frontiera a Bavra e dopo la visita al monastero rupestre di Vardzia pernottiamo in una guesthouse immersa nel verde. Rientrando in Turchia, a Posof, attraversiamo vasti altopiani fino a raggiungere l’antica città di Ani, in passato fiorente capitale armena, da secoli caduta in rovina. Continuiamo verso sud. Da Iğdır raggiungiamo Doğubayazıt e il palazzo da mille e una notte di Ishak Pasha, uno dei luoghi più fotografati dell’Anatolia, a 30 km dal confine iraniano. La rotta ora vira verso ovest, entrando in Kurdistan, una regione dal forte spirito indipendentista, causa di molti problemi al governo di Ankara. I numerosi posti di blocco e la costante presenza militare ce lo rammentano ogni volta. Costeggiando il lago Van arriviamo a Batman. Poco più a sud, sulle rive del fiume Tigri, visitiamo le rovine della vecchia Hasankeyf, le cui sorti sono appese a un filo: il governo turco vorrebbe costruire una diga, a valle della città, che sommergerebbe i territori circostanti. Il caldo si fa opprimente; durante il giorno si passano i 40° e i capi da moto, per quanto traforati, non aiutano, soprattutto quando si passano molte ore in sella. Superiamo Diyarbakır, ufficiosamente conosciuta come la capitale del Kurdistan turco. A ricordarci ancora una volta che siamo in Mesopotamia ci pensa un altro fiume, l’Eufrate, che attraversiamo con un piccolo traghetto per avvicinarci a un altro luogo mistico. Sulla vetta del monte Nemrut, il più alto della regione, Antioco I, Re di Commagene, fece edificare, ben prima di Cristo, il suo tumulo santuario. Lo spettacolo che si può ammirare una volta arrivati in vetta toglie letteralmente il respiro. Decidiamo di pernottare in una pensione prossima all’ingresso del parco nazionale, in modo da poter godere del tramonto e della successiva alba, che comporta una levataccia alle tre del mattino per poter raggiungere in tempo la vetta. Siamo quasi al termine del viaggio. Le terre lontane sono alle nostre spalle e, mano a mano che ci avviciniamo verso casa, il mondo torna ad essere “a misura di turista”. La metamorfosi da “viaggiatore” a “turista” si compie definitivamente in Cappadocia. Strutture a misura di famiglia, guide multilingue, biglietterie con lunghe code. Senza nulla togliere alle bellezze di Göreme o Derinkuyu, viene meno quel senso di scoperta, di quelle emozioni che si provano spingendosi in luoghi lontani e sconosciuti ai più. Per quanto siamo, geograficamente, ancora in Asia Minore, siamo “De facto” rientrati “in occidente”. Per concludere degnamente il viaggio ci concediamo un costoso, ma imperdibile, volo in mongolfiera, osservando dall’alto le famose falesie della zona. Da qui in avanti ci saranno solo tappe di trasferimento. Dedicheremo l’ultimo giorno alla visita delle Meteore, prima di rimettere piede, pienamente soddisfatti, in Italia.

Sevanavank Monastery (Armenia)

Informazioni utili

Autostrada turca
Si paga con una tessera prepagata, non in vendita in autostrada: noi l’abbiamo acquistata alla frontiera di Edirne.

Confine Georgia-Russia
Il confine nei pressi di Stepantsminda è stato riaperto anche a cittadini di paesi terzi. Visti i difficili rapporti tra le due nazioni, rimane però “a rischio chiusura”. Prima di un eventuale passaggio in Russia è consigliabile ottenere informazioni aggiornate.

Confine Turchia-Georgia
La frontiera turco-georgiana presso il lago Khozapini (lago Aktaş in turco) non è aperta ai civili. Il punto di frontiera più a sud tra le due nazioni è quello di Posof-Vale.

Visti
Il visto d’ingresso è richiesto per Armenia e Nagorno-Karabakh. Il primo lo si può ottenere in Italia (come abbiamo fatto noi) o direttamente in frontiera. Per il secondo è necessario recarsi presso la rappresentanza del NKB a Yerevan, in Armenia. Il visto viene rilasciato nell’arco di una giornata circa. Nota importante: il visto per il NKB preclude per 5 anni l’ingresso in Azerbaijan.

Assicurazione
Fino in Turchia non dovreste avere problemi: le nostre assicurazioni RC coprono, generalmente, i paesi della penisola balcanica e la stessa Turchia (verificate sulla carta verde). In Georgia girerete probabilmente senza copertura (non è obbligatoria) perché al confine non troverete dove stipulare polizze temporanee. Al contrario, non appena metterete le ruote in territorio armeno, verrete indirizzati ad uno degli uffici preposti.

Patente
In Turchia è sufficiente la patente italiana. Per la Georgia è consigliata la patente internazionale, obbligatoria invece per l’Armenia (sono riconosciute le due versioni, “Ginevra 1949” e “Vienna 1968”).

Precauzione durante la guida
Nella Turchia orientale, come in Georgia e Armenia, lo stato delle strade lascia alquanto a desiderare. Attenzione ai lavori in corso (yol yapimi) in Turchia: le strade si trasformano, per diversi km, in letti di ghiaia su cui diventa complicato mantenere l’equilibrio. Frequente, soprattutto in Georgia e Armenia, la presenza di animali lungo la strada. Prestate attenzione durante la guida in Georgia, sopratutto sulle statali in prossimità delle maggiori città: è “tradizione locale” compiere sorpassi anche in piena curva.

Ancora lei, la Stelvio

Alberghi
Mai avuto problemi a trovare sistemazioni per la notte. Non sempre gli standard sono “occidentali”; il livello medio di pulizia e igiene è buono.

Internet
Negli alberghi, ove presente, il WiFi è generalmente gratuito. L’utilizzo di Skype o Viber permette notevoli risparmi sulle tariffe telefoniche; inviare un SMS dal Caucaso può costare anche 1€.

Nemrut Dagi
I momenti migliori per visitare la tomba di Antioco I° sono, per quanto affollati dai turisti, l’alba e il tramonto. La camminata verso la vetta dura circa mezzora; è anche possibile usufruire di servizi “a dorso di mulo”. In caso di visita all’alba procuratevi una pila, il percorso non è illuminato, e indumenti caldi; anche in piena estate la temperatura è bassa (siamo a 2.150 mt) e tira un forte vento.

Volo in mongolfiera in Cappadocia
Sono piuttosto costosi, 120-160 euro a persona, ma offrono una visione unica della regione. Diverse compagnie organizzano i voli, ed e spesso possibile contattarle direttamente tramite il vostro hotel. Contrattate sul prezzo per ottenere degli sconti.

Volo in mongolfiera in Cappadocia

[27 Luglio 2012] Roma – Mestre (540km – 4:45h)
[28 Luglio 2012] Mestre – Sud di Belgrado (850km – 9:00h)
[29 Luglio 2012] Sud di Belgrado – Edirne (600km – 7:30h)
[30 Luglio 2012] Edirne – Safranbolu (650km – 6:50h)
[31 Luglio 2012] Safranbolu – Samsun (450km – 5:30h)
[1 Agosto 2012] Samsun – Rize (monastero di Sumela) (490km – 6:00h)
[2 Agosto 2012] Rize – Mestia (370km – 6:15h)
[3 Agosto 2012] Mestia – Ushguli – Mestia (in auto)
[4 Agosto 2012] Mestia – Gori (410km – 6:40h)
[5 Agosto 2012] Gori – Tbilisi (145km – 2:30h)
[6 Agosto 2012] Strada militare georgiana (330km – 6:30h)
[7 Agosto 2012] Tbilisi (visita città)
[8 Agosto 2012] Tbilisi – Yerevan (320km – 5:20h)
[9 Agosto 2012] Yerevan (visita città)
[10 Agosto 2012] Dintorni di Yerevan (120km – 2:40h)
[11 Agosto 2012] Yerevan – Stepanakert (350km – 5:20h)
[12 Agosto 2012] Stepanakert – Vayk (330km – 5:30h)
[13 Agosto 2012] Vayk – Vardzia (400km – 5:45h)
[14 Agosto 2012] Vardzia – Igdir (570km – 7:30h)
[15 Agosto 2012] Igdir – Batman (530km – 7:00h)
[16 Agosto 2012] Batman – Nemrut Dagi (350km – 4:45h)
[17 Agosto 2012] Nemrut Dagi – Goreme (650km – 7:30h)
[18 Agosto 2012] Goreme e dintorni (100km – 2:00h)
[19 Agosto 2012] Goreme – Izmit (800km – 8:00h)
[20 Agosto 2012] Izmit – Kalambaka (930km – 9:00h)
[21 Agosto 2012] Kalambaka – Meteore – Igoumenitsa (190km – 2:40h)
[21-22 Agosto 2012] Traghetto Igoumenitsa – Bari
[22 Agosto 2012] Bari – Roma (460km – 4:30h)

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