“Mi metto in viaggio per capire la strada che devo seguire”
Nel 2013 Giancarlo Cardia lavorava per una azienda che, colpita dalla crisi economica, fu costretta a ricorrere alla cassa integrazione per mantenere il posto ai propri dipendenti. Giancarlo ha trovato uno dei rimedi migliori per trascorrere questo periodo “fermo”: percorrere 19 mila chilometri attraverso Italia, Grecia, Turchia, Iran, India, Pakistan e Cina in solitaria, in sella alla sua Africa Twin 750.
Come ti è venuta l’idea di intraprendere questo viaggio?
Innanzitutto sono un appassionato di viaggi. Sono stato in Senegal, in India, in Indonesia… Ho girato la Thailandia in moto, noleggiando un 200 che andava a 90 km/h per vedere in venti giorni il Nord del Paese. Questo viaggio è stato il risultato delle mie esperienze intorno al mondo, motivato dal desiderio di viaggiare da solo senza restrizioni di tempo, di mezzi o di persone. Sono molto curioso, ho voglia di conoscere culture diverse dalla mia, senza fretta, procedendo lentamente. La mia “Porta verso l’Oriente” è stata Istanbul, una porta su un mondo ancora sconosciuto.
Hai deciso da solo di partire?
No, dietro a questa decisione ci sono state molte chiacchiere fatte davanti a una birra con i miei amici. Ognuno ha dato il suo contributo. Chi mi ha aiutato a preparare la moto, chi mi ha semplicemente incoraggiato, chi ha trovato l’idea migliore per il nome del sito internet.
Il sito si chiama www.rimanerestasiato.it
Sì, il nome racchiude tutte le parole chiave del viaggio. “Est” perché sono andato verso Oriente, “Asia” perché è il continente che più mi affascina e che per me rappresenta davvero una cultura diversa, “To” che in inglese è la preposizione di moto a luogo. “Rimanere” dà l’idea della sensazione per cui mi metto in viaggio, magari per rimanere a Est, un giorno…
Parlaci della tua compagna di viaggio, l’Africa Twin
È una moto del ’92. Tanti motociclisti hanno coperto lunghe distanze con questo modello, perché nella sua meccanica ha una concezione molto semplice ed è facile da riparare. Ho rifatto in pratica tutto, eccetto il motore che ha il solo difetto di mangiarsi un po’ d’olio. È una moto conosciuta, attraverso i forum si leggono consigli e dritte per migliorarne la resa. Il regolatore di tensione, per esempio, originariamente è posto sopra la marmitta e per questo motivo si surriscalda e rischia di bruciarsi. Basta spostarlo sulla parte sinistra della moto e il problema si risolve. Lo fanno tutti!
Cosa ti porti dietro in caso di guasti?
Un regolatore di scorta, innanzitutto (ride…)! Ho un kit per riparare la pompa della benzina, un tagliando (filtro aria, candele, etc.), leve, chiavi gas e cambio d’aria di scorta. Ad ogni modo, avevo stretto un tacito accordo con alcuni amici che, in caso di necessità, mi avrebbero spedito qualsiasi ricambio.
E il tuo bagaglio personale?
Il mio bagaglio, o quello che io chiamo “corredo”, era composto semplicemente da una tenda, un sacco a pelo, attrezzi da campeggio, un fornelletto per la moka perché al caffè non posso rinunciare.
Come ti sei tenuto in contatto con la famiglia?
Con Skype e tramite il mio sito rimanerestasiato.it. I miei genitori erano preoccupati, ma anche abituati ad avere i figli lontano da casa: mia sorella è una missionaria laica all’estero. Credo però che vedere i figli soddisfatti di ciò che fanno, debba portare i genitori a metter da parte le preoccupazioni, no?
Quali problemi hai incontrato nell’organizzazione del viaggio?
Il problema più grande è stata la lentezza burocratica, i tempi per visti e permessi sono davvero lunghi. Mancava il permesso per il Pakistan. In Ambasciata mi hanno clamorosamente rimbalzato perché non volevano assumersi responsabilità: nel Sud del Paese, infatti, ci sono zone un po’ pericolose, controllate ancora da tribù. Poi io dovevo passare da quelle parti verso i primi di maggio in periodo di pre-elezioni, quando è facile che ci siano sommosse o proteste di vario genere.
L’esperienza che ti è rimasta più impressa?
Tutto. La Karakoram Highway, la strada asfaltata più alta del mondo che collega il Pakistan con la Cina attraverso la catena montuosa del Karakorum; Pechino e la strada che affianca la Grande Muraglia. La Cappadocia in Turchia. Tutto!
Che cosa ha rappresentato per te questo viaggio?
Il desiderio di incontrare nuove culture. Penso che trovarsi qui, immersi nella routine quotidiana, sia come stare in una stanza buia, con cose intorno che non si vedono. Come ci si mette in viaggio, invece, si accende una luce che illumina tutto. A me forse mancavano gli stimoli. Mi metto in viaggio per capire la strada che devo seguire.
A cura di Gaia Cortese